Il gaslighting (manipolazione psicologica maligna) è una forma di manipolazione psicologica violenta e subdola nella quale vengono presentate alla vittima false informazioni con l’intento di farla dubitare della sua stessa memoria e percezione.
Può anche essere semplicemente il negare da parte di chi ha commesso qualcosa che gli episodi siano mai accaduti, o potrebbe essere la messa in scena di eventi bizzarri con l’intento di disorientare la vittima.
L’obiettivo dell’abusante è di sopprimere le reazioni di autodifesa della vittima per sfuggire alle sanzioni che gli spetterebbero, e continuare così a ripetere l’abuso.
Concretamente, è un caso speciale di diversione basato su sottili manipolazioni verbali o gestuali in cui l’abusante mette in dubbio ogni scelta, sentimento, emozione, valore della vittima.
Per esempio, per degradare l’autostima della vittima, l’abusante può ignorarla completamente, poi riconsiderarla fortemente, poi ignorarla di nuovo, ecc.
In questo modo, la vittima abbassa i propri standard relazionali ed emotivi, si percepisce come “indegna”, non è più in grado di fidarsi dei suoi sentimenti di attaccamento e diventa sempre più dipendente dal manipolatore.
Questo perché la vittima introietta la violenza e inizia a pensare che se l’abusante vede le sue debolezze, è perché lui è più forte di lei e quindi dovrebbe fidarsi di lui.
In un influente articolo intitolato Some Clinical Consequences of Introjection: Gaslighting, gli autori argomentano come il gaslighting coinvolga la proiezione e l’introiezione dei conflitti psichici del perpetratore sulla sua vittima.
Gli autori esplorano una varietà di ragioni che spiegano perché la vittima può avere “una tendenza a incorporare e assimilare quello che gli altri esternalizzano e proiettano su di loro”, e concludono che il gaslighting può essere “una configurazione molto complessa e altamente strutturata che coinvolge contributi da molti elementi dell’apparato psichico”.